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Lettura piacevole, veloce a e tratti amena pur nella sua drammaticità ...
Una storia nella storia di quella che potrebbe essere la nascita della ns. magnifica festa, che va al di là di ogni immaginazione.
Solo poca fantasia e si incontrano posti reali che sono i luoghi da cui nasce la nostra città e la ns. storia attuale.
Un grosso in bocca al lupo x una carriera di 'scrittore' che ci porterà a vivere altre avventure e altre storie avvincenti.
MP



Giorni di maggio di Massimo Starita è un'opera prima e, in quanto tale, soffre delle ingenuità letterarie tipiche di ogni neo-scrittore. "Ingenuità" però non è una brutta parola. È l'adesione ad una naturalezza stilistica fatta di grandi temi, strutture codificate, categorie riconoscibili. Il libro insomma come "un libro aperto". Un male? No, se non si punta a cambiare la storia della letteratura. No, se si vuole dar vita ad un romanzo "da divorare" e che arrivi a tutti.

L'universalità di Giorni di maggio risiede nella piacevolezza di una scrittura fluida e di una trama avvincente che sembra riproporre a tratti, sebbene con molto meno pathos primo-ottocentesco, un leitmotiv romantico. Anche ne Le ultime lettere di Jacopo Ortis il tema amoroso, frustrato, si riversava in impegno civico. Dov'è la differenza rispetto a Giorni di maggio? Beh, innanzitutto Starita non scrive come Ugo Foscolo, ovviamente. Ma c'è da dire, a sua discolpa, che Starita non scrive all'alba del Risorgimento. In secondo luogo, non c'è desiderio frustrato ma lieto fine. Se Ortis disperava di fronte alla società e alla politica del tempo, Paolo, il protagonista del romanzo di Starita, non dispera mai. Perché? Perché dopo l'illuminismo credere in qualcosa costava, nell'842, alto medioevo, invece, si sa, c'è sempre lo zampino del divino che "ben guida". L'escamotage del vecchio cieco è perfetto.
Lorenzo Di Maria
Ma l'aspetto più interessante di Giorni di maggio sta nel fatto che la sua attingibilità non è peregrina, non è solo frutto di "ingenuità", è bensì funzionale al suo scopo: il mettersi al servizio di una comunità. La bellezza di Giorni di maggio risiede nella sua larinesità. Starita ha messo per iscritto e romanzato la storia che ogni Larinese "doc" ha immaginato almeno una volta nella sua vita. Nel ritrovamento delle reliquie di San Pardo c'è del resto l'atto fondativo della nuova Larino, non più quella frentano-romana legata a San Primiano, ma quella medievale che resiste, nelle case, nelle strade, nella Cattedrale e nel palazzo ducale, fino ai giorni nostri.

Ultimo appunto di merito: quel "di Larino il popolo" che "un dì si mosse armato" ridotto a cinque giovani tra cui un guerriero, due scagnozzi, un sognatore e un artista, è il punto più alto dell'inventiva di Starita. Solo cinque persone hanno avuto il coraggio di cercare una nuova speranza per la città. E del resto - mi si perdoni la vena polemica - meno male che ci sono sempre cinque persone, meglio di niente, a tenere in alto il nome di Larino.

Insomma, un buon romanzo, piacevole, scorrevole, forse leggermente frettoloso sul finale, ma soprattutto un romanzo immancabile nella biblioteca di ogni Larinese.

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