3° Classificato Contest "Invia il tuo racconto": Gio Cancemi

 


Iniziamo a conoscere da vicino il podio del Contest "Invia il tuo racconto", giunto al terzo posto con il suo racconto "Gocce in te - Anagramma di sé": GIO CANCEMI. 

BIOGRAFIA: 
Gio Cancemi, modenese, è laureato a pieni voti in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Bologna. È anche laureato con il massimo dei voti in Pianoforte presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali “Achille Peri” di Reggio Emilia e nella vita svolge attività di Insegnante di Musica e di Pianista Solista e Accompagnatore. È d’imminente pubblicazione un suo nuovo libro che raccoglie racconti e poesie con la Casa Editrice Pluriversum.
Nella scrittura trova l’antidoto a una realtà della quale ama evidenziare aspetti contraddittori e
complessi e dalla quale cerca rifugio e “cura” attraverso “l’incantesimo” della parola.

Qui di seguito il racconto integrale: 

GOCCIA IN ME (ANAGRAMMA DI SÉ)

"Non andare via, aspettami, vengo anch’io…"
Lui si girò di scatto, spazientito.
"No, non voglio che vieni, ok? Lasciami in pace, una buona volta!"
Lei sorrise, quasi materna.
"Sai che non è possibile."
Sì, lo sapeva.
"Mi spieghi cosa vuoi? Non ho niente da dirti, non voglio nemmeno dirti nulla, ormai è troppo tardi, il tempo è passato."
Lei abbassò lo sguardo.
"Non esiste “il tempo”. È tutto “qui e ora”, in eterno. Ieri era il “qui e ora” di domani, domani sarà il “qui e ora” di oggi."
"Quindi, secondo te, esiste solo il “presente”? Il presente è niente, lo nomini ed è già “passato”, dice il poeta… ma basta con questi pensieri inutili. Che cosa pensi di ottenere? Che cosa crediamo di ottenere tutti noi con pensieri di questo tipo? In tanti ci hanno provato, senza cavare un ragno dal buco, con il solo risultato di avvelenarsi la vita perché hanno volato troppo vicino al sole. Ci avevano avvertito, i miti, ma non li abbiamo ascoltati… e non è nemmeno colpa nostra, ma di questo desiderio sfrenato di Assoluto che non riusciamo a ignorare, e che preme, forte, sul cervello e sul petto, come un dovere, un’abitudine, una malattia. Vattene, non voglio più sentire niente."
Ancora una volta lei si fece morbida, come seta.
"Ascolta, capisco come ti senti. Mi dispiace. E non posso nemmeno darti troppo torto. Ricorda, però, quanto ci amiamo. Io non dimentico quello che abbiamo vissuto, quello che ci unisce, senza rimedio. Quante volte abbiamo riso, quante volte abbiamo pianto insieme magari guardando la scena di un film o ascoltando musica? Sai, come so io, che quelli sono i momenti più importanti e significativi della vita."
Lui la guardò. Gli occhi lucidi e un sorriso scarabocchiato.
"Non ce la faccio più. Credimi. Cosa serve essere così? Cosa serve comunicare, anche con te? Chi risponde? Chi ascolta? Sono tutti bravi solo a parlare, a volte senza dire nulla, solo per presenzialismo, narcisismo, opportunismo o per far comunque sentire la loro voce, con l'unico scopo di farla sentire, senza che questo cambi o migliori nulla. Ho sempre pensato che sul nostro viso ci siano due occhi e due orecchie a fronte di una sola bocca proprio perché dobbiamo guardare e ascoltare molto di più, di quanto dobbiamo parlare. Vedi? Anche questo è un pensiero inutile, raffermo, impopolare, anacronistico… devo continuare? Non vedi come vanno le cose? Come stanno realmente le cose?"
Stavolta l’espressione di lei s’irrigidì, gli ficcò negli occhi uno sguardo insostenibile.
"E cosa dovremmo fare, allora? Lasciarci? Sei proprio sicuro che sia quello che vuoi davvero? Non mi parlare di “realtà”, non esiste, la realtà è quella che costruiamo noi, con gli altri, attimo per attimo. È solo responsabilità nostra, di tutti, se siamo messi così. Potremmo cambiare le cose ora, ma ci vuole volontà, empatia, bisogna mettere un po’ da parte, solo un po’, i propri interessi e il proprio ego per un benessere comune e riscoprirci tutti legati, anche se ci piace pensare di non dover rendere conto a nessuno, anche se fa paura ed è una cosa “scomoda”: pensare che siamo responsabili gli uni degli altri. La tua natura è questa, è agire e pensare come hai sempre fatto, e seguire la propria natura, nella considerazione e nel rispetto di tutti, è una delle poche occasioni che conosco per essere veramente sereni e in pace con se stessi. È anche per questa tua natura che ti amo."
Lui strinse le labbra, toccato.
"Anch’io ti amo. Ma sono molto stanco. Forse non mi rendi più felice come un tempo e non dico che sia colpa tua. Sei la mia anima, letteralmente, ma non possiamo essere sempre soli. Devo andare, ora."
Lei lo bloccò con la voce, irresistibile.
"Dobbiamo solo far l’amore, ancora una volta, come sempre. Vedrai che andrà tutto a posto."
In quel momento Giulia si affacciò alla porta.
"Andrea, mi hai sentito prima? Il bimbo ha bisogno di essere cambiato. Puoi fare tu?"
Andrea distolse gli occhi dallo schermo.
"Sì, amore, arrivo, scusa."
Giulia gli soffiò un bacio dalle mani e sparì.
Lui si alzò dalla sedia, spense il PC, e pensò che anche al di fuori di quel fuoco nero su campo bianco che erano i suoi scritti c’era vita degna di essere vissuta, forse non così grande, ma comunque piena di emozioni vere, tangibili e senza troppe frastornanti oscillazioni.
Mentre si allontanava verso la porta, però, si fermò e non riuscì a non voltarsi a guardare la luminescenza, che andava spegnendosi, già con nostalgia.
Una voce sussurrò, tutt'intorno, dentro e fuori di lui.
Alla prossima, caro. 


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