Appunti di Buddismo e Fotografia di Raimondo Luciani



Vi è mai capitato di incontrare qualcuno, di parlarci solo al telefono e avere l’impressione di conoscerlo da una vita? A me è successo con Raimondo Luciani. Trascuro i dettagli del motivo della nostra prima conversazione, ma la simpatia, spero reciproca,  e la disponibilità di questo “ragazzone” della splendida Tivoli, ha lasciato in me il segno. Fotografo di professione, passione per l’arte a trecento sessanta gradi, Raimondo oggi ci fa entrare nel suo mondo di scatti e meditazione. Scopriamo insieme “Appunti di Buddismo e Fotografia”. 


-Ciao Raimondo, fotografo professionista e scrittore per hobby. Ti piacerebbe invertire hobby e lavoro? 

Fortunatamente per me la fotografia non è solo una professione, ma anche la più grande delle mie passioni, quindi per il momento va bene così. Tra le altre passioni ci sono la musica, la lettura, l’arte… alla scrittura non avevo mai dato particolare importanza, finché non ho maturato l’idea di scrivere “Appunti di Buddismo e Fotografia”.

-Qual è la foto più bella che hai scattato? 

Ci sono molte fotografie a cui sono legato e il concetto del bello può essere molto soggettivo. Personalmente preferisco le foto che trasmettono un’emozione o che sono in grado di raccontare qualcosa, più che quelle tecnicamente perfette. Nel libro, oltre al testo, c’è anche una selezione di immagini di vario genere, dal ritratto al paesaggio, che illustrano visivamente parte del mio percorso.

-Nostalgia per i tempi della camera buia e dell’acido per stampare foto?

Altri tempi… sicuramente le emozioni che provavo sviluppando e stampando in camera oscura non può farmele provare nemmeno il più potente dei computer.

-C’è differenza nello scattare una bella foto e vedere il proprio libro stampato? 

Sono cose molto diverse, danno entrambi una grande soddisfazione, ma un libro è il frutto di un lavoro più lungo e impegnativo. Potrebbe non essere facile produrre una bella foto al giorno, ma si può fare, mentre pubblicare un libro al giorno sarebbe impossibile, quindi il valore di un buon libro è senz'altro maggiore di quello di una buona fotografia.

-Parlaci del tuo libro, “Appunti di Buddismo e fotografia” 

Il titolo suggerisce gli argomenti principali, ma nel libro si parla anche di un sogno diventato realtà e di come, attraverso lo sviluppo della propria spiritualità, si possa approfondire il legame con tutto ciò che ci circonda e sviluppare una maggiore comprensione, che possa aiutarci a realizzare fotografie che non si limitino a rappresentare ciò che vediamo, ma che riescano a catturare la realtà in maniera più intima, restituendo all'osservatore sentimenti ed emozioni. “Appunti di Buddismo e Fotografia” contiene molti spunti e suggerimenti interessanti, che all'occorrenza possono essere approfonditi.

-Com'è nata questa idea così originale? 

Parlando di buddismo e fotografia, è d’obbligo citare Henry Cartier Bresson, che dopo aver letto Lo zen e il tiro con l’arco ne rimase affascinato, al punto che il suo modo di fotografare venne profondamente influenzato dall’opera di Herrigel. Di conseguenza il materiale su questi temi prende in considerazione quasi esclusivamente il buddismo Zen, che però non completa in maniera esauriente la filosofia buddista, così ho cercato di approfondire l’argomento basandomi sulla scuola di Nichiren Daishonin, che poggia le sue fondamenta sul Sutra del Loto, considerato l’ultimo grande insegnamento di Shakyamuni. Ho iniziato a buttar giù qualche appunto, prendendo ispirazione da alcuni principi buddisti e da considerazioni sulla fotografia, completando poi il tutto con la narrazione di esperienze personali, ovviamente legate al mio percorso, in particolare quello fotografico, in cui la pratica buddista mi ha reso in grado di percepire e fotografare andando oltre la superficie di ciò che si pone davanti all'obiettivo. Man mano che andavo avanti questi appunti hanno preso sempre più corpo, dando origine all'idea di trasformarli in un libro, ed è quello che poi è successo.

-A chi è rivolto il tuo libro?

Nella mia intenzione iniziale il libro era rivolto a fotografi ed appassionati di fotografia, ma è stato molto apprezzato anche da lettori che non avevano particolare conoscenza degli argomenti trattati, e questo ovviamente mi ha fatto molto piacere. In effetti il libro suggerisce non solo come migliorarsi in quanto autori, ma anche come fruitori, e non solo di immagini fotografiche, poiché molte delle considerazioni che ho scritto sulla fotografia, possono essere facilmente riferite ad altre forme di arte e comunicazione.

-Quanto c’è di spirituale in queste pagine? 

C’è molto di spirituale, soprattutto per chi sa leggere “tra le righe”.

-Essendo, ovviamente, un lavoro corredato da fotografie, secondo te, è più bello o più intenso? 

Mi sono occupato personalmente della grafica e dell’impaginazione, proprio perché volevo un libro che, oltre che bello da leggere, fosse anche bello da vedere, ma il fulcro del libro è indubbiamente il testo.

-Dove sei diretto con il tuo prossimo libro? 

E’ probabile che il prossimo torni ad essere un libro fotografico, ma ci penserò a tempo opportuno, al momento mi sto dedicando alla promozione di “Appunti di Buddismo e Fotografia” e alla stesura dell’edizione inglese, destinata al mercato estero.

-Domanda aperta, scrivi ciò che vuoi… 

La fotografia mi ha dato molte soddisfazioni, e la scelta di condividere le mie esperienze attraverso questo libro nasce dal desiderio di incoraggiare tutti quelli che hanno un sogno ma lo tengono chiuso in un cassetto. Il buddismo mi ha insegnato che siamo esseri perfettamente dotati, e che se diventiamo consapevoli delle nostre potenzialità, siamo in grado di realizzare qualsiasi cosa.

Un abbraccio a tutti.



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