"Come un faro nella notte"

Due persone, una coppia, che danzano su una barchetta nel mare agitato, il mare di Puglia. Ballano, stretti per mano, sopra uno scrigno di desideri, aperto, da riempire. Al centro c’è un piccolo faro, un punto di riferimento? Un aiuto per non andare alla deriva?
La protagonista di oggi è Maria Katja Raganato autrice del romanzo, edito Pav, “Come un faro nella notte”. Andiamo da lei, ripercorriamo assieme questo bel lavoro.

-Maria Katja Raganato dal Salento. Ti senti più mare, sole o Jentu? 
Da persona che nutre un amore quasi viscerale verso la propria terra, credo di sentirmi un po’ tutti e tre questi elementi. Mi sento mare in quanto noi salentini, essendo circondati dal mare, lo Ionio da un lato e l’Adriatico dall'altro, nasciamo e cresciamo praticamente al mare, al punto che, se è vero che il corpo umano è composto per tre quarti d’acqua, noi abbiamo almeno un quarto d’acqua salata! Mi sento anche sole perché, a somiglianza di questo luminoso astro che illumina la maggior parte delle nostre giornate, perfino d’inverno, sono una persona solare e quasi sempre di buon umore, e infine mi considero anche jentu, talvolta vento di tramontana, che rende il cielo terso e azzurro come non mai, talaltra di scirocco, che spira impetuoso e travolge ogni cosa.

-Cosa ti ha spinto ha pubblicare il tuo primo romanzo?
Ho cominciato a scrivere senza sapere bene dove ciò mi avrebbe condotta. Chi ama leggere, a mio avviso, si trova facilmente a passare dall’altra parte, trasformandosi da semplice lettore di cose scritte da altri a creatore egli stesso di personaggi e trame a proprio gusto. In altri termini è un modo per dare vita a un romanzo che abbia le caratteristiche che l’autore vorrebbe trovare nei romanzi che legge. Mi viene in mente una frase di Toni Morrison: “Se c’è un libro che vorresti leggere, ma che non è stato ancora scritto, allora lo devi scrivere tu”. Ecco, è proprio ciò che ho fatto! Così, una domenica, ho aperto Word, mi sono messa davanti al mio notebook ed ho iniziato a scrivere io! I pensieri prendevano forma sotto il mio mouse, come se stessi guardando un film e mi bastasse solo tradurlo in parole scritte. Senza neppure rendermene conto, stavo dando inizio alla mia avventura! Nella quiete notturna andavo a letto e la trama si dipanava nella mia mente, di giorno poi, negli stralci di tempo, descrivevo ciò che avevo sognato a occhi aperti. Piano piano le pagine aumentavano e la storia che avevo in testa scorreva attraverso le mie parole in modo fluente e le ore spese sul notebook correvano veloci, tanto che mi ritrovavo a passare interi weekend immersa nella scrittura. Un bel giorno il mio romanzo si è concluso. Cosa mi rimaneva da fare? Pubblicarlo, naturalmente!

-“Come un faro nella notte”. A quale genere appartiene? C’è qualcosa di autobiografico?
“Come un faro nella notte” si inquadra nel filone della narrativa contemporanea a sfondo sentimentale, ma non è un “romance” tout court poiché è un romanzo corale, in cui si intrecciano le storie di tanti personaggi di varia età e provenienza geografica, ciascuno dei quali mi ha offerto l’occasione per toccare, seppur in modo leggero, senza mai calcare la mano, alcuni temi sociali che mi stanno particolarmente a cuore, sia per la loro attualità, come la questione della mancanza di lavoro per i giovani, specie al Sud, che spesso si vedono obbligati a ripartire da zero e ad "inventarsi" un'attività, o il fenomeno del bullismo, sia per la loro universalità, come la solitudine degli anziani e il loro reinserimento nella società, la disabilità, il rapporto non sempre sereno con la propria immagine che condiziona il modo di comportarsi, la difficoltà di rimettersi in gioco quando la vita ci mette davanti alle difficoltà, etc.. Quanto all'aspetto autobiografico, credo che in tutti i libri ci sia qualcosa che sia riconducibile, in qualche modo, alla vita dell’autore. Del resto, per quanto mi riguarda, non avrei potuto narrare di situazioni che non conosco o descrivere minuziosamente la città di Gallipoli senza aver mai percorso quelle viuzze del centro storico in cui si respira l’essenza del Salento.

-Le storie dei vari personaggi sono inventate oppure hai romanzato qualche persona o personaggio che conosci?
Sono partita da situazioni reali, che probabilmente riguardano tanti di noi, per poi, attraverso la fantasia, romanzare il tutto, dunque ho sfruttato una delle possibilità che la scrittura di un romanzo offre: quella di trasformare i sogni in realtà, l’impossibile in possibile! Del resto, scrivere mi gratifica proprio per questo, perché mi consente di migliorare la realtà e di far entrare il lettore in una condizione mentale di ottimismo, predisponendolo verso una visione positiva e fattiva della vita, così che egli possa davvero provare a cambiare ciò che non va, cercando di apportare dei cambiamenti migliorativi con coraggio e buon umore. Per quel che riguarda i personaggi del libro… be’, ammetto che alcuni traggono ispirazione da persone che realmente conosco, ma non farmi aggiungere altro.

-Cosa accomuna i personaggi nel romanzo?
I miei personaggi sono molto diversi tra loro per età anagrafica, per carattere, per provenienza geografica e per esperienza di vita, ma hanno un elemento che li accomuna: sono persone che si sono smarrite e intraprendono un percorso fisico e interiore alla ricerca di se stesse, con un obiettivo ambizioso da raggiungere: la felicità. Un traguardo che richiede scelte coraggiose e spesso avventate, come recita il sottotitolo, che comportano la decisione di mollare gli ormeggi, abbandonando il porto tranquillo della routine quotidiana, di un lavoro sicuro, del luogo in cui si vive e dove si hanno i propri punti di riferimento, la famiglia e gli amici, per avventurarsi nelle perigliose acque dell’ignoto, alla scoperta di equilibri nuovi, di scenari più consoni alle proprie aspirazioni e al proprio modo di sentire e di vivere. In altre parole, ognuno di loro desidera una seconda opportunità per rimettersi in gioco e per riparare la propria vita, che si è in qualche maniera “guastata”, proprio come fa uno dei personaggi del romanzo, un vecchio antiquario, capace, con le sue abili mani, di rimettere a nuovo vecchi oggetti rotti. Probabilmente per ritrovare se stessi bisogna prima smarrirsi, ebbene sì! In effetti, trovare il coraggio di dare una svolta alla propria esistenza, rivoluzionandola completamente e abbandonando le proprie certezze, mettendo in discussione tutto ciò che era stato fatto fino ad un minuto prima, richiede, come accennato nella precedente risposta, una gran dose di coraggio, che solo una condizione di profondo disagio interiore può offrire. In altri termini, i personaggi del libro si lanciano in una nuova avventura, con tutti i disagi e i punti interrogativi che ciò comporta, perché non hanno altra scelta, vivono in una situazione stagnante e sono ormai giunti ad un binario morto, per cui si rende necessario trovare una via alternativa, sperimentare un piano B.

-Per ricercare la felicità è necessario smarrirsi?
Bella domanda! Fior di intellettuali, filosofi e pensatori di ogni tempo si sono posta questa domanda, cercando, ciascuno a suo modo, di trovare una risposta univoca e tuttavia la questione era e rimane aperta. Per quanto mi riguarda, credo che la felicità coincida con l’amare ed essere amati, sebbene devo ammettere che tuffarsi nei sentimenti e amare incondizionatamente comporti delle gioie, ma, ahimè, anche moltissimi dolori, tant’è vero che la maggior parte delle persone rimane così scottata da diventare volutamente arida, impedendosi di amare per non soffrire. In fondo è quello che accade ad alcuni dei personaggi del mio romanzo. In realtà, penso che chiudere il proprio cuore significhi vivere a metà, pertanto, credo che valga sempre la pena di aprirsi ai sentimenti, con tutte le inevitabili sofferenze che ciò si porta dietro, perché amare equivale a vivere e viceversa.

-Che riscontri stai avendo dopo la pubblicazione?
Il romanzo è uscito a fine luglio e devo dire che, per essere un’autrice alla sua prima pubblicazione, mi sta dando delle soddisfazioni. Chi lo ha letto ha trovato la lettura scorrevole e mai noiosa e mi ha riferito che il romanzo gli ha trasmesso serenità e lo ha proiettato in un’atmosfera da sogno. Be’… era ciò che volevo! Naturalmente, strada da fare ce n’è ancora tanta, del resto, conosco tanti autori che, a mio modesto avviso, sono molto abili e si dedicano alla scrittura con amore e dedizione, e, ciò nonostante, fanno fatica a fare i grandi numeri in termini di lettori, perché purtroppo l’editoria è nelle mani di poche grandi case editrici e, fatta eccezione per i professionisti della scrittura, spesso, la vera discriminante nel successo di un libro è rappresentata dalla popolarità di chi lo ha scritto, a prescindere dal contenuto e dal modo in cui è scritto. Per gli autori indipendenti e per le piccole case editrici rimane uno spazio davvero esiguo e la sfida è impari, ma, del resto, le cose facili non mi sono mai piaciute!

-Soddisfatta?
Soddisfatta è una parolona! Sono una persona attenta ai dettagli e, nonostante abbia letto e riletto il mio romanzo, oltre all'editing della casa editrice ovviamente, tutte le volte che mi capita di rileggere qualche capitolo, inevitabilmente dico a me stessa che avrei potuto cambiare alcune parole, aggiungere qualche dettaglio, modificare alcuni passaggi…, in altre parole, si può sempre fare di meglio! Nel complesso mi ritengo soddisfatta, nel senso che ho scritto esattamente ciò che desideravo e vi garantisco che esprimere per iscritto le proprie emozioni dona una sensazione di benessere indescrivibile. Diciamo che scrivere fa stare bene in primis l’autore e in secundis, si spera, il lettore. Ad ogni modo, ho iniziato a scrivere il primo capitolo di un nuovo romanzo, dunque la fantasia corre già oltre.

-Pav edizione, come ti sei trovata?
Ti ringrazio per questa domanda, anzi devo dire che mi hai anticipata. Ringrazio la Pav edizioni perché mi ha permesso di realizzare un sogno. Oltretutto è una casa editrice free, dunque non chiede soldi agli autori, ma valuta i loro scritti e decide di investire o meno su di loro, con dedizione e passione. Le piccole e medie case editrici come Pav sono dei “Davide” che affrontano ogni giorno la sfida dei “Golia”, rappresentati dai colossi dell’editoria e come tali andrebbero sostenuti anche attraverso dei fondi ad hoc, in quanto garantiscono il pluralismo e la libertà di espressione.
Concludo ringraziandovi per l’intervista e rivolgendo un grazie ai miei cari e agli amici che hanno creduto in me, nonché a tutti coloro che hanno scelto, pur non conoscendomi personalmente, di darmi fiducia, acquistando il mio romanzo. Un saluto a tutti voi!

 

 


 

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